L’Università Popolare GALENO e l’AIPU (associazione italiana posturologia Universitaria) e PSAF (professionisti sanitari assicurativi e forensi) promuovono il Progetto sul piede diabetico “Modello multidisciplinare tra vari specialisti, con un appropriato percorso di educazione alimentare”.
Le Linee Guida stimano che, entro il 2035, le persone affette da Diabete Mellito saranno, nel mondo, quasi 600 milioni.
La frequenza e la gravità del “piede diabetico” variano a seconda delle condizioni sociali, culturali, economiche e igieniche dei pazienti colpiti, con un’incidenza annuale delle ulcere che oscilla dal 2 al 4% e oltre.
Due terzi dei pazienti con ulcere al piede guariscono, mentre, in un terzo dei casi, si rende spesso necessaria l’amputazione dell’arto affetto. In queste specifiche congiunture, esistono sempre significative lesioni a carico del piede. Di qui, la necessità, ancor prima che l’opportunità, di stabilire immediatamente una sinergia tra diverse competenze professionali, tale da permettere di conseguire risultati, in genere, eccellenti, nel trattare una delle complicanze più temibili e pericolose del diabete, qual è il “piede diabetico”.
Sintomi
Infatti, tra le tante complicanze del diabete (dalle cardiopatie all’insufficienza renale alla retinopatia), quelle interessanti gli arti inferiori sono, in genere, quanto meno le più invalidanti e condizionanti il benessere e lo stile di vita delle persone colpite.
Non si può trascurare la circostanza che circa il 15% dei soggetti affetti da diabete mellito, nell’arco della vita, va incontro ad un danno ulcerativo a livello del piede, primo stadio di allarme, che, se non correttamente approcciato, rischia inevitabilmente di portare come conseguenza finale all’amputazione dell’arto affetto dalla patologia.
Quella del “piede diabetico” dev’essere considerata una sindrome, nella quale vanno valutati due aspetti e altrettanti quadri patologici ben precisi e distinti: il piede neuropatico e quello neuro-ischemico.
Tali quadri riconoscono eventi fisiopatologici specifici, nonché diversi percorsi diagnostico-terapeutici e, conseguentemente, ricadute con differenti risultati clinici. I risultati ottenuti nei primi mesi presi in esame dal gruppo di lavoro afferente al “Progetto Piede Diabetico” (proposto dall’UPG e realizzato dalla sinergia di un Chirurgo Vascolare, da un Laboratorio di Analisi Cliniche, da un Biologo nutrizionista, da un Ortopedico e da un Medico Chirurgo esperto in Posturologia), possono essere valutati come più che soddisfacenti, in relazione ai risvolti clinici osservati, grazie all’interazione operativa del team di singoli specialisti approcciatisi ai pazienti in maniera multidisciplinare, così da poter intervenire tempestivamente ed in modo efficace e risolutivo per le eventuali complicanze infettive e vascolari, che coinvolgono, tipicamente, questa tipologia di pazienti.
Rimedi
L’intervento interdisciplinare ha consentito, nei casi trattati, oltre al riconoscimento sollecito dei vari segnali predittivi di tale patologia, anche di mettere in atto strategie operative tali da offrire la possibilità di bloccare e/o impedire, o almeno di ridurre fortemente, il rischio di eventi più pesanti, se non addirittura di abbatterne o di attutirne gli effetti deteriori in termini di morbilità e di disabilità.
I professionisti che compongono il gruppo di studio “Progetto Piede Diabetico” effettuano gratuitamente screening e diagnosi delle complicanze micro e macro/vascolari, nel caso di diabete mellito, studio e correzione ortesica delle alterazioni biomeccaniche del piede diabetico, classificazione e medicazione delle lesioni ulcerative diabetiche, interventi di chirurgia conservativa, ove necessari, prima dell’invio del paziente alla ASL di competenza.
Si ritiene che il confronto tra i diversi specialisti permetta di valutare al meglio tutte le caratteristiche dell’intervento ottimale, in modo da poter analizzare in maniera completa l’aspetto vascolare e quello infettivo, abitualmente presenti in tale patologia: si tratta dei due indici prognostici indispensabili da studiare e da approfondire, per assicurare, in primis, la conservazione dell’arto.
In conclusione, e in pratica, un’attività multidisciplinare mirata rende possibile prevenire all’incirca nel 90-95% dei casi, eventi fortemente traumatici e demolitivi, che si concretizzerebbero nell’amputazione del piede, nel caso di ulcere gravemente infette.